Drones – Muse

Drones – Muse

22 Luglio 2015 Off Di Massimiliano Viti

muse-drones-album-copertinaI Muse hanno scelto di illustrare un futuro (spettrale) tornando al passato.
La band britannica incanta e inquieta nel suo settimo lavoro: Drones, un concept album che tratta il rapporto tra uomo e tecnologia.
Uno scontro in cui il primo soccombe, fino a trasformarsi in un drone pronto a distruggere tutto, sé stesso compreso.
Come tutti i concept album, Drones narra una storia e per questo deve essere ascoltato dall’inizio alla fine senza interruzioni per esprimersi al meglio.
Prendetevi un’oretta dunque, spegnete il cellulare, televisione, computer e ascoltate i Muse, ne vale la pena, anche perché la musica di Drones non può fare da sottofondo.

Già dalle prime note del pezzo di apertura, i Muse non lasciano spazio a interpretazioni.
Non c’è un rock manieristico e autoreferenziale, qui si va al sodo: poca elettronica e sperimentazione.
Si torna alle origini con basso, chitarra e batteria che spaccano.

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I Muse, come le altre grandi band dell’olimpo, trasformano il limite di produrre musica con soli tre strumenti a disposizione in un pregio, grazie anche ad alcuni espedienti come il basso distorto che spesso sostituisce la chitarra.
Da Dead inside a Psycho un po’ di magone ti viene.
Ma, tranquilli, siamo solo ai primi due brani e il magone non andrà via fino alla fine. Psycho è un titolo che offre un collegamento quasi scontato con Psycho Killer dei Talking Heads (1977) ma delle similitudini ci sono: una versione moderna con lo stesso concetto e con le due band che si esprimono con sonorità moderne rispetto a quelle contemporanee.
Da Mercy si passa all’hard rock in cui si specchia l’oppressore narrato in Reapers e di The Handler dove trova spazio un pò di tapping e un raddoppio di tempo.
Da questa traccia in poi l’uomo schiacciato dalla tecnologia trova un barlume di speranza per cercare una via d’uscita.

Ce la indica John F. Kennedy : “L’uomo sarà quello che è nato per essere: libero e indipendente”.

La via d’uscita è ribellione, rivoluzione con Revolt, fino alla ballad Aftermath che può essere interpretata dall’ascoltatore sia come resa dell’uomo e sia come resurrezione.
Nelle prime note Aftermath sa di U2. Solo nella versione Premium di Spotify possiamo ascoltare The Globalist, che per molti è il brano migliore dell’album.
Drones si chiude con la title-track, un breve brano a cappella puro che sarà il meno ascoltato di tutti gli altri, soprattutto per chi non sa l’inglese.

P.S. Il giorno dopo averlo ascoltato per la prima volta avevo voglia di sentirlo di nuovo. Non mi era mai capitato nelle precedenti recensioni. Qualcosa vorrà dire…

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