Hozier ed il suo album di debutto: Hozier (perchè la semplicità è sempre una bella cosa)

Hozier ed il suo album di debutto: Hozier (perchè la semplicità è sempre una bella cosa)

19 Febbraio 2015 Off Di Massimiliano Viti

hozierTake me to church, brano con cui Hozier apre il suo album d’esordio, è la canzone più ascoltata e condivisa del 2014 su Spotify e questo ha reso il lungagnone irlandese, 24 anni, la superstar dallo streaming.

Dopo il successo negli Usa, l’album prodotto da Rob Kirwan (Depeche Mode, Editors e PJ Harvey) è arrivato in Italia.

Più che l’ascoltata e celebrata “Take me to church”, ci siamo concentrati sugli altri brani dai quali emerge una sincera e riuscita rielaborazione di blues e soul con sonorità contemporanee, meno ruvide rispetto al grande passato e con evidenti contaminazioni gospel ma soprattutto folk, specie per il sound delle chitarre utilizzate, armoniche e slide.

Batteria e chitarra sono sempre in primo piano.
Niente di rivoluzionario ma qualcosa di diverso e di sincero.

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A convincere non è solo la hit ma altri brani dell’album tra i quali “To Be Alone”, blues senza fronzoli e preciso stilisticamente.
O, “Work Song”, che sembra un tributo moderno ai tradizionali work song, i canti che accompagnavano i neri nel lavoro e dai quali è nato il blues e poi il jazz.
Anche “Angel of Small Death and the Codeine Scene”, seppur meno intenso degli altri, si fa apprezzare per il suo gospel rock.

 

La perla è forse Cherry Wine, un solo voce e chitarra molto delicato che fa sciogliere l’ascoltatore nella sua fragilità
Oltre l’impianto musicale non sono da trascurare i testi, impegnati e di denuncia che completano un prodotto di qualità.

 

Una bella novità rispetto ai brani pop-dance, allegri e danzerecci che occupano i primi posti delle classifiche.

 

Hozier piace perchè è il prototipo dei ragazzi e giovani che si chiudono in camera la sera con la chitarra per comporre brani e non si piegano ai talent show, con la speranza che qualcuno li noti… nel web.

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